25 luglio, 2011

Le Città (In)Visibili

Marco Polo e Kublai
Ho iniziato a leggere Le Città Invisibili di Italo Calvino da qualche anno e la prima volta che l'ho iniziato, appena arrivata a metà, mi accorsi che stavo sbagliando tutto! Stavo leggendo e basta, non stavo guardando le città, non le stavo immaginando.
Così ripartii immediatamente da capo e ad ogni descrizione scendevo più a fondo delle parole trovando di volta in volta quel che stavo cercando.

Col tempo ho iniziato a vedere Le Città Invisibili come un testo che non descriveva molte città ma una soltanto. Un piccolo borgo, una grande metropoli, due case, ma viste ogni volta con gli occhi differenti di chi la abita. Differenti sono gli abitanti. Differente il loro vissuto storico. Differente il loro approccio alla vita e agli altri. Differente il colore dei loro capelli, della loro pelle, dei loro occhi, della grandezza delle loro mani.

Ed ogni città che visito o che ho visitato, che attraverso o che ho attraversato, che vivo o che ho vissuto mi ha lasciato qualcosa: emozioni, sensazioni, rancori e gioie. Così ognuna di queste entra a far parte dei miei disegni perché sempre questo è stato il mio mezzo per esprimermi.
Ed ho così iniziato a dipingere, pian piano. Apro il libro che ormai è vissuto con scritte, disegni e macchie di caffé; lo apro a caso e leggo il punto in cui mi sono fermata col dito. Se la città è quella giusta parto immediatamente e nel giro di poco devo terminarla perché altrimenti perdo il momento. E se perdo il momento, la città invisibile, torna tale.

le città invisibili - myfolio

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